Light it up blue


E' un altro mondo il mio e tu non riesci a entrare diversa lingua ho io e tu non sai capire. Se solo vuoi provare se prendi l'astronave, potrai da me atterrare e forse anche capire, perché, in ogni viaggio, un nuovo paesaggio ti apre gli occhi e il cuore, per renderti migliore.
"Io sono autistico e ho da poco compiuto dodici anni. Vivo la mia vita in un mondo che i miei genitori hanno adattato come un gioco, cercando di intuire e capire ciò che più gradivo. Non parlo molto, pronuncio qualche parola a stento come 'mamma, papà e pipì', forse perché sono le prime parole che a ogni bambino sono insegnate o probabilmente perché sono le più semplici. La terza parola: pipì mi ha dato parecchi problemi. Quante volte ho fatto arrabbiare mia madre e mio padre, bagnando il letto o i vestiti che avevo addosso? Non lo so, ma tante volte fino quasi alla loro esasperazione. Il mio papà, mi faceva vedere come fare, tra l'imbarazzo e grandi risate! Capivo. Ascoltavo. Guardavo. Volevo fare la pipì nel vaso, ma la parte di me vittima dell'autismo, molte volte boicottava lo stimolo ed io non sentivo neanche premere la vescica, e per questo motivo ho indossato anche i pannolini sino alla taglia sesta extra large. Dopo aver compiuto il primo anno, qualcosa dentro di me cominciò a disorientarmi. Mi perdevo con lo sguardo altrove come se fossi rapito da un mondo parallelo che sarebbe diventato il mio, inaccessibile. I movimenti irregolari senza senso del mio corpo facevano intuire il mio distacco dalla realtà che fino a quel momento conoscevo, ma con la mente vagavo in una dimensione che non mi permetteva di capire il mio corpo e non riuscivo a esprimermi. Era così strano ma una forza misteriosa si era introdotta nella mia vita senza che io potessi fare qualcosa per impedirlo. Mia madre e mio padre e le mie sorelle non potevano ostacolare l'autismo ed io ero sempre più confuso e destabilizzato, sino ad avvolgermi completamente, ciò mi portò da subito a non comprendere nulla. I miei genitori non tardarono a scoprire il mutamento dentro di me, soprattutto perché quando mi chiamavano, era difficile, direi impossibile, che mi voltassi dalla loro parte a guardarli. Non perché non volessi, ma semplicemente perché non ci riuscivo. In famiglia iniziarono a sospettare che fossi diventato sordo o addirittura sordomuto, ma il giorno che mi portarono dal medico, quest'ultimo non esitò a rivelargli la verità. Il silenzio investì la stanza, disturbato solo dal rumore provocato da un giocattolo che io continuavo a percuotere sul pavimento. Ed è così che il termine AUTISMO è entrato a casa nostra coinvolgendo l'intera famiglia a continue modifiche dagli atteggiamenti, ai giochi, alla vita quotidiana.
I giorni successivi sono incastrati nella memoria dei miei genitori, come nella mia. Versavano lacrime, discutevano, si davano speranza, progettavano ogni cosa col fine di aiutarmi. Ed io avrei voluto ringraziarli con parole degne del loro affetto e piangere di gratitudine, ma nessun verbo usciva dalla mia bocca e nessuna lacrima bagnava il mio viso, eppure il mio cuore è pieno di amore nei loro confronti.
A casa nel corso della mia crescita ho distrutto qualsiasi spigolo dei muri, quattro televisori, qualche sedia, molti bicchieri e piatti ma grazie alla terapia sono migliorato tanto e ho scoperto svariati giochi come incastrare e assemblare i mattoncini lego. Fino alla quinta elementare ho cambiato sette insegnanti di sostegno. Con alcuni si è creato un bel rapporto, con altri meglio non dire nulla. Io ho sempre cercato di essere il più possibile partecipe, anche se vedevo nei loro occhi la loro incapacità nel rapportarsi con me. Conservo con dolcezza il ricordo di un insegnante che è riuscita a portarmi in gita per ben due volte, un'intera giornata lontano di casa e dai miei genitori. E non solo, è riuscita a farmi scrivere il mio nome.
Una conquista grandiosa. Ho incontrato persone che mi hanno dimostrato tanto affetto, e altre che mi hanno guardato come fossi soltanto un difetto della natura! Ho dovuto imparare a sorvolare su quegli sguardi colmi di pena, perché è più facile digerire quelli con totale indifferenza. Il mio desiderio più grande è avere attorno gente che mi vuole per la persona che sono e non per la disabilità che ho. Vi svelo un segreto io so amare... amo vedere le foglie muoversi dal vento, amo la luce soffice dei lampioni che illuminano la strada che percorro, ma ancor di più amo le luminarie del Natale, amo osservare la tavola ordinata, amo i miei compagni di classe e il sorriso delle persone che mi lasciano un loro bacio sulle guance. Adoro la cioccolata, l'aranciata, la coca cola, amo il mio Psicologo che mi segue da anni, amo i terapisti e la loro pazienza. Adoro i cavalli e se potessi andrei trotterellando fino al mare per ascoltare le onde. Amo stare nel dondolio dell'altalena che mi ricorda la dolcezza delle coccole dei miei genitori e delle mie sorelle. Io Voglio bene a Manuel, Biagio, Francesco, Daniele, Gabriele, Andrea, Domenico, Niccolò, Sebastiano, Marianna, Pietro, Riccardo, Emanuele, Antonio, Nicholas Amo la vita e vi invito a viverla sfidandola come me... Grazie..."
S. , 12 anni

"Fin quando era piccolo, avevo notato qualcosa di particolare in Francesco. Ricordo un particolare quando a 5 anni mi disse:"Mamma io non voglio avere amici." Mi colpì molto questa frase, come se ci fosse una difficoltà nel relazionarsi con l'altro. Mi chiedevo il perchè e feci presente la mia perplessità alla pediatra che mi rincuorò dicendomi che era un bambino vivace, che doveva crescere, che parlava e camminava come gli altri, che era un bambino intelligente e che non c'era nessun problema; io pero percepivo qualche cosa.
Portai Francesco da un esperto: "Il figlio maggiore è una camicia pulita, perfetta, stirata; Francesco è una camicia non pulita, sporca, stropicciata". Questo paragone mi fece un male incredibile, Spesso ci sono parole di cui le persone non si rendono conto di quanto possano fare male e di come te le porti per tutta la vita. Insieme a queste , ti porti dentro il senso di colpa, il senso di colpa di non aver potuto dare un nome alla diagnosi si mio figlio, di non averlo potuto aiutare prima. Il momento della diagnosi è duro per un genitore ma è allo stesso tempo liberatorio perché finalmente dai un nome a quella che è la condizione di tuo figlio. Non ti sconvolge che un figlio abbia problemi, ti sconvolge come possa affrontare nella società questa condizione. Di fondo, è la natura della persona che sta accanto a te è un qualcosa di meraviglioso che ti arricchisce dentro: ogni giorno Francesco mi da qualcosa di fondamentale per andare avanti; io sono fiera di Francesco. Non avrei voluto Francesco diverso di come è. Avrei voluto aiutarlo in modo diverso, perché lo amo com'è !

Per un futuro senza barriere, maggiore consapevolezza per Includere al pari degli altri!
Nel 2013 l'Italia è stata bocciata dalla Corte di Giustizia dell'UE sull'occupazione delle persone con disabilità.
I sogni sono di tutti! Tutti hanno dignità. Diritto al lavoro per tutti.
#futurosenzabarriere
#jobmetoo
#paridignità
#FISH
#sensibilizzazione
#mccannworldgroup
#stessisogni
#inclusione
#sognipertutti
#nopietismo
#nomalattia
#disabilitypride
#associazioneprogettoicar
#disabilityrights
#disabilityinclusion


Accogliere in Casa Famiglia
Accogliere
significa prendersi cura di una persona che sta vivendo un periodo
difficile, accogliere vuole dire aprire, lasciar entrare , incontrare, accogliere
significa vedere una persona bisognosa, non vedere i suoi difetti ma vederla
com'è veramente e vedere che ha bisogno di qualcosa che non ha mai avuto.
Accoglienti si diventa nel momento in cui si diventa empatici. L'empatia è la capacità di mettersi nei panni degli altri, di comprenderne le fatiche, i limiti, le resistenze ma soprattutto le risorse, le qualità. L'empatia aiuta a non giudicare le persone, ad accettarle per come sono...nessuno ha diritto di giudicare l'altro!!!!
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ACCOGLIERE IL BISOGNO
La Casa Famiglia risponde a un bisogno dei bambini di essere protetti e tutelati
e dove possono iniziare a sperimentare il clima familiare, per arrivare preparati
ad un eventuale progetto di affido o adozione o al possibile rientro a casa.
Lo scopo della Casa Famiglia vuole essere quello di accogliere i bambini che
ne hanno bisogno, coccolarli, accudirli e far assaporare loro il clima familiare,
in modo da poter dare strumenti spendibili nel loro progetto di vita definitivo
come l'adozione, il rientro a casa oppure un progetto di affido familiare.
Molte case-famiglia si occupano dell'accoglienza di minori. Hanno
caratteristiche diverse dagli istituti in quanto più simili a quelli di una famiglia.
Gli elementi più significativi sono principalmente la presenza di figure
educative (materna e paterna) e il numero ridotto di persone accolte.
Anche la struttura possiede le caratteristiche architettoniche di una comune
abitazione familiare, deve essere radicata nel territorio, deve, cioè, usufruire
dei servizi locali (negozi, luoghi di svago, istruzione) e partecipare alla vita
sociale della zona.
I bambini che arrivano all'interno delle case famiglia, sono minori sotto tutela,
ciò significa che sono stati affidati dall'autorità giudiziaria (Giudice) al Servizio
Sociale di competenza che predispone un progetto a tutela del minore.
La maggior parte dei bambini ha vissuto l'allontanamento dalla famiglia
d'origine a causa di grosse problematiche come la trascuratezza, l'incapacità
genitoriale, il maltrattamento, episodi di violenza o anche tossicodipendenza,
alcolismo da parte della famiglia d'origine.
L'ACCOGLIENZA COME RISPOSTA AI BISOGNI DEI BAMBINI MALTRATTATI E TRASCURATI
La prima forma di maltrattamento in Italia è la trascuratezza: il 47% dei bambini
e delle bambine in carico ai servizi è vittima di gravi forme di trascuratezza
materiale e affettiva.
In Italia sono 100mila i minori maltrattati presi in carico dai servizi sociali, più
frequente al Sud, che al Nord.
Il termine trascuratezza è molto generico, si manifesta in tante forme.
Facciamo un esempio un insegnante vede un bambino che arriva sempre
senza materiale, sporco, un po' denutrito, ciò vuol dire che il bambino è
trascurato nei suoi bisogni fondamentali, che sono tanti. Trascuratezza
significa non essere pensato come qualcuno che necessita di cure, negli
aspetti materiali, affettivi, emotivi...
Il maltrattamento è attivo e passivo, sono gli atti e le carenze che turbano
gravemente il bambino: c'è maltrattamento quando ci sono azioni maltrattanti,
ma anche quando c'è mancanza di atti di cura, ossia cose che non faccio e
che invece dovrei fare.
Un bimbo non curato nei propri bisogni, è come una pianta che non innaffio
quasi mai . La pianta, il fiore, si trova a vivere continuamente in carenza, in
disagio.
Questa immagine della pianta non innaffiata è simile alla metafora che si usa
parlando di povertà educativa, quando si dice che la povertà educativa è come
un fiore che non è messo nelle condizioni di poter fiorire.
La trascuratezza e il maltrattamento si manifestano, in realtà, in tutti i ceti
sociali. Esistono famiglie benestanti che mandano a scuola i bambini puliti, ma
che trascurano i figli in altri aspetti importanti, seppur meno socialmente
stigmatizzati: bambini che trascorrono la giornata intera in solitudine, a cui
nessuno spiega come usare la tecnologia, che nessuno accompagna nello
sviluppo emotivo.
Il cuore della trascuratezza è, infatti, non vedere i bisogni del bambino e
riguarda tutte le classi sociali.
Le ferite non guariscono da sole, la protezione non basta, quello è il primo
step, dopo bisogna abbinare la cura.
Così nascono le strutture che, come la casa Famiglia, accolgono bambini a cui vengono negati i
quattro principi fondamentali della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza:
- Non discriminazione (art. 2): i diritti sanciti dalla Convenzione devono
essere garantiti a tutti i minori, senza distinzione di razza, sesso, lingua,
religione, opinione del bambino/adolescente o dei genitori.
- Superiore interesse (art. 3): in ogni legge, provvedimento, iniziativa
pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l'interesse del
bambino/adolescente deve avere la priorità.
- Diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino e
dell'adolescente (art. 6): gli Stati devono impegnare il massimo delle risorse
disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini, anche tramite la
cooperazione tra Stati.
- Ascolto delle opinioni del minore (art. 12): prevede il diritto dei bambini a
essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano, e il
corrispondente dovere, per gli adulti, di tenerne in adeguata considerazione le opinioni.